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Caffè e rischio cardiovascolare

Caffè e Rischio Cardiovascolare: cosa dice davvero la scienza?

Il consumo di caffè è da sempre oggetto di dibattito nel mondo della cardiologia. Per molti anni la caffeina è stata considerata una possibile causa di aritmie, tra cui la fibrillazione atriale (FA). Tuttavia, negli ultimi anni diversi studi clinici e osservazionali hanno progressivamente modificato questa percezione, mostrando come un consumo moderato di caffè possa essere non solo sicuro, ma in alcuni casi associato a effetti cardioprotettivi.

In questa pagina analizziamo in modo chiaro e aggiornato ciò che oggi sappiamo sul rapporto tra caffè, fibrillazione atriale ed eventi cardiovascolari.

Caffè e fibrillazione atriale: il mito da sfatare

Per decenni si è ritenuto che la caffeina potesse favorire l’insorgenza o la recidiva di fibrillazione atriale, motivo per cui molti pazienti ricevevano il consiglio di limitarne o evitarne il consumo.


Le evidenze scientifiche più recenti, però, non confermano questa associazione.

Lo studio più recente: il “DECAF Trial”

Un recente studio clinico controllato ha analizzato l’impatto di una tazza di caffè al giorno nei pazienti sottoposti a cardioversione per FA o flutter atriale.

I risultati sono stati sorprendenti:

  • 47% di recidive nel gruppo che consumava una tazza di caffè al giorno

  • 64% di recidive nel gruppo che evitava completamente la caffeina

  • Riduzione relativa del rischio: –39%

Il messaggio principale dello studio è chiaro:


👉nei pazienti abituati a bere caffè, una tazza al giorno non aumenta la probabilità di recidiva — anzi, potrebbe ridurla.

Cosa dicono i grandi studi epidemiologici?

Le meta-analisi e le coorti di popolazione confermano questi risultati.

  • In una revisione che ha coinvolto oltre 700.000 individui, ogni tazza aggiuntiva di caffè al giorno si è associata a una piccola riduzione del rischio di sviluppare FA.

  • Non è stato osservato alcun aumento del rischio aritmico nemmeno nei consumi più elevati.

  • Le persone che consumano regolarmente caffè sembrano avere un rischio cardiovascolare paragonabile o inferiorerispetto a chi non lo consuma.

Possibili benefici cardiovascolari associati al caffè

Alcuni studi su pazienti con fibrillazione atriale hanno evidenziato un trend favorevole nei bevitori abituali:

  • –15–20% di eventi cardiovascolari maggiori (MACE)

  • –20% di ospedalizzazioni per scompenso cardiaco

  • –12% di mortalità totale

Sebbene questi risultati non dimostrino un rapporto causale diretto, suggeriscono che il caffè — all’interno di uno stile di vita sano — non è un elemento di rischio da temere.

Perché il caffè potrebbe essere neutro o addirittura benefico?

Le ipotesi più discusse includono:

  • Azione dell’adenosina: la caffeina blocca i recettori dell’adenosina, riducendo potenzialmente la vulnerabilità elettrica dell’atrio.

  • Effetti antiossidanti e anti-infiammatori dei polifenoli naturalmente presenti nel caffè.

  • Associazione con stili di vita più attivi, tipica dei consumatori abituali.

Sono necessari ulteriori studi per chiarire il meccanismo preciso, ma la direzione delle evidenze è rassicurante.

Quanto caffè è considerato “sicuro”?

La maggior parte dei dati concorda su una soglia ottimale di 1–3 tazzine al giorno.


Questo livello è:

  • ben tollerato dalla maggior parte delle persone,

  • non associato ad aumento del rischio aritmico,

  • compatibile con una buona prevenzione cardiovascolare.

Ovviamente, la tolleranza individuale alla caffeina può variare: insonnia, tachicardia sinusale, disturbi gastrici o ansia sono segnali che invitano a modulare il consumo.

Conclusioni: il caffè va davvero limitato nei pazienti cardiopatici?

Le evidenze attuali suggeriscono che:

  • Il caffè non aumenta il rischio di fibrillazione atriale.

  • Nei pazienti già abituati al suo consumo può essere mantenuto anche dopo cardioversione.

  • Un consumo moderato può rientrare tranquillamente in un percorso di prevenzione cardiovascolare.

👉 Il consiglio migliore è sempre la personalizzazione, tenendo conto della storia clinica del paziente, dei sintomi e delle eventuali comorbidità.


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© 2025 Dr. Alessandro Durante, cardiologo

Iscritto all'Ordine Provinciale dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri di Milano al n. 41321

Comunicazione inviata all'Ordine dei Medici in data 11/08/2014

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