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Qual è la durata ottimale della DAPT dopo angioplastica coronarica?

Una doppia terapia antiaggregante (DAPT) proseguita per 30 mesi dopo una angioplastica coronarica (PCI) in pazienti con e senza infarto miocardico (IM) ha mostrato di ridurre il rischio di IM e di trombosi di stent, con un contestuale incremento dei sanguinamenti. Sono questi i risultati principali di un recente studio, il The Dual Antiplatelet Therapy Study [The DAPT Study], recentemente pubblicato sull’importante rivista Journal of the American College of Cardiology. Scopo dello studio era proprio di mettere a confronto l’outcome di pazienti sottoposti a PCI elettiva oppure per IM e randomizzati a 12 oppure 30 mesi di doppia terapia antiaggregante con aspirina e una tienopiridina. Il Dual Antiplatelet Therapy Study era un trial randomizzato in doppio cieco, contro placebo. L’endpoint primario era l’effetto della terapia antiaggregante sugli eventi ischemici ed emorragici. Altri endpoint primari erano il tasso di trombosi di stent definita o prababile e il tasso di eventi avversi cardiovascolari e cerebrovascolari maggiori (MACCE). L’endpoint primario di sicurezza erano i sanguinamenti valutati con lo score GUSTO (Global Utilization of Streptokinase and Tissue Plasminogen Activator for Occluded Arteries). In totale sono stati randomizzati 11648 pazienti (dei quali 9961 trattati con stent a rilascio di farmaco e 1687 con stent metallici), e di questi il 30.7% si presentava per IM. Tra i 12 e i 30 mesi la prosecuzione della doppia terapia antiaggregante ha ridotto lo trombosi di stent rispetto al placebo sia nei pazienti con che senza IM alla presentazione (gruppo IM, 0.5% vs. 1.9%, p < 0.001; gruppo non IM, 0.4% vs. 1.1%, p < 0.001; interazione p = 0.69). La riduzione del tasso di MACCE nei pazienti che proseguivano la DAPT era mggiore nei pazienti con IM (3.9% vs. 6.8%; p < 0.001) rispetto a quelli senza IM (4.4% vs. 5.3%; p = 0.08; interazione p = 0.03). In entrambi i gruppi, comunque, la prosecuzione delle tienopiridine ha ridotto l’incidenz di nuovi IM (2.2% vs. 5.2%, p < 0.001 per IM; 2.1% vs. 3.5%, p Questo studio ha analizzato una questione tutt’ora aperta nel campo della cardiologia e in particolare di quella interventistica. Ci sono infatti diverse correnti che sostengono diverse durate della DAPT. Le linee guida indicano una durata della DAPT di 12 mesi dopo un IM e una durata di 6-12 mesi dopo una PCI elettiva con utilizzo di stent medicato. Se da una parte una durata più lunga della DAPT sembra garantire una riduzione delle trombosi di stent very late, dall’altra aumenta il rischio di sanguinamenti correlati alla terapia stessa. Gli stent medicati di ultima generazione hanno mostrato un buon profilo di sicurezza e diversi studi stanno valutando l’efficacia di una DAPT più breve, sino ad uno o tre mesi, con buoni risultati iniziali. Peraltro diversi studi recenti riportati su riviste molto prestigiose in contemporanea hanno sostenuto come corretti sia approcci con una DAPT prolungata che con una DAPT breve. A mio parere la durata della DAPT andrebbe sempre più individualizzata sulle caratteristiche del paziente, siano queste demografiche, cliniche o procedurali partendo comunque da ciò che sostengono le linee guida e prediligendo l’utilizzo di stent medicati, soprattutto quelli di ultima generazione che a un bassissimo tasso di restenosi uniscono un basso tasso di trombosi (comparabile a quello degli stent metallici).

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