Switch tra antipiastrinici inibitori del recettore ADP, è sicuro?
Durante la degenza ospedaliera in pazienti con infarto miocardico, il passaggio da un farmaco antiaggregante inibitore del recettore dell’ADP a un altro diverso, ma che agisce sullo stesso recettore, nella pratica clinica attuale avviene in più di un caso su dieci. Tuttavia, questo passaggio non sembra essere associato ad un aumento degli eventi avversi maggiori cardiovascolari (MACE) né ad un aumento dei sanguinamenti. Sono questi i risultati principali dello studio TRANSLATE-ACS, recentemente pubblicato sull’importante rivista European Heart Journal Acute Cardiovascular Care. Questo studio ha analizzato i dati di 11999 pazienti con infarto miocardico trattati con angioplastica percutanea (PCI) presso 230 centri tra l’aprile 2010 e l’ottobre 2012. È stata eseguita una regressione di Cox per valutare quale fosse il rischio di MACE (morte, infarto miocardico, ictus oppure rivascolarizzazione miocardica non programmata) nei primi sei mesi dopo la dimissione, nonché il rischio di sanguinamenti definiti secondo il sistema GUSTO (Global Utilization of Streptokinase and t-PA for Occluded Coronary Arteries) nei pazienti che eseguivano il passaggio da un inibitore del recettore ADP ad un altro rispetto a coloro che proseguivano il farmaco iniziale. Tra gli 8715 pazienti trattati inizialmente con clopidogrel, 994 (11.4%) sono stati passati a prasugrel oppure ticagrelor; il passaggio è stato eseguito nella maggioranza dei casi dopo la PCI (60.9%) oppure al momento della dimissione (26.7%). Tra i 3284 pazienti trattati inizialmente con prasugrel oppure ticagrelor, 448 (13.6%) sono passati a clopidogrel. Nel 48.2% dei casi il passaggio è avvenuto dopo la PCI e nel 48.0% al momento della dimissione. Il passaggio a ticagrelor oppure prasugrel non era associato ad un aumento dei sanguinamenti rispetto alla prosecuzione di clopidogrel (2.7% vs. 3.3%, hazard ratio corretto 0.96, 95% intervallo di confidenza 0.64-1.42, p=0.82). Il passaggio da prasugrel/ticagrelor a clopidogrel non era associato ad un aumento dei MACE rispetto alla prosecuzione della terapia (8.9% vs. 7.7%, hazard ratio corretto 1.06, 95% intervallo di confidenza 0.75-1.49, p=0.76) Questo studio ha analizzato un aspetto molto importante della gestione della terapia antiaggregante dei pazienti con infarto miocardico, ossia la possibilità per diversi motivi di poter/dover cambiare il farmaco antiaggregante inibitore del recettore ADP utilizzato. Come mostrato dello studio questa evenienza non è così infrequente, presentandosi in più del 10% dei casi. È importante premettere se secondo le linee guida il passaggio da clopidogrel a ticagrelor è possibile, mentre il pasugrel dovrebbe essere somministrato a pazienti naive dal clopidogrel (questa differenza è probabilmente legata ai criteri utilizzati negli studi che hanno valutato i due nuovi farmaci antipiastrinici, rispettivamente lo studio PLATO e lo studio TRITON-TIMI 38); non viene inoltre contemplato il passaggio inverso, ossia da uno dei farmaci più recenti a clopidogrel. Come detto prima tuttavia nella pratica clinica il passaggio da un farmaco ad un altro non è infrequente, e questo studio mostra la sicurezza di tale passaggio sia in termini di eventi ischemici che in termini di eventi emorragici. Ciò che colpisce è la frequenza con cui il passaggio da un farmaco ad un altro avviene al momento della dimissione, che rappresenta un momento in cui la terapia dovrebbe essere ormai definita. Tuttavia rimane il dato di sicurezza che può aiutare nei casi di cambiamento necessario o comunque in qualche modo indicato da un farmaco ad un altro.
