Controllo della frequenza nei pazienti con fibrillazione atriale e scompenso: quale farmaco sceglier
E’ stata recentemente pubblicata sull’influente rivista Lancet una metaanalisi sull’utilizzo dei betabloccanti come farmaco per il controllo della frequenza cardiaca nei pazienti con scompenso cardiaco (HF) ed in fibrillazione atriale (FA) permanente. Al contrario di ciò che ci si potesse aspettare, i betabloccanti non sono risultati essere superiori in termini di eventi avversi nel follow up rispetto ad altri farmaci utilizzati per il controllo della frequenza, al contrario di quanto succede nei pazienti in ritmo sinusale in cui i betabloccanti riducono significativamente la mortalità. Per effettuare questa metaanalisi sono stati estratti i dati individuali di dieci triale randomizzati che comparavano l’utilizzo di betabloccanti con il placebo in pazienti con HF. La presenza di ritmo sinusale oppure FA veniva valutata all’elettrocardiogramma effettuato al momento dell’arruolamento. L’outcome primario era la mortalità per tutte le cause e l’analisi è stata effettuata secondo il metodo intention to treat. In totale sono stati valutati i dati di 18254 pazienti, e di questi 13 946 (76%) erano in ritmo sinusale e 3066 (17%) in FA. I tassi di mortalità ad un follow up medio di 1.5 anni erano del 16% (2237 di 13 945) nei pazienti in ritmo sinusale e del 21% (633 di 3064) nei pazienti in FA. L’utilizzo di betabloccanti portava ad una significatkiva riduzione della mortalità nei pazienti in ritmo sinusale (hazard ratio 0.73, 0.67-0.80; p<0.001), ma non nei pazienti in FA (0.97, 0.83-1.14; p=0.73), con una p significativa per l’interazione con il ritmo cardiaco basale (p=0.002). La mancanza di efficacia dei betabloccanti sulla mortalità globale era evidente in tutti i sottogruppi di pazienti in FA, comprese le analisi per sesso, funzione ventricolare sinistra, classe NYHA, frequenza cardiaca e terapia medica basale. Questi dati come prima sottolineato sono in parte nuovi. I betabloccanti secondo le linee guida andrebbero prescritti a tutti i pazienti con HF, e gli stessi betabloccanti sono spesso utilizzati per il controllo della frequenza nei pazienti in FA. Peraltro, le due patologie spesso coesistono (l’incidenza di FA è notevolmente più elevata nei pazienti affetti da HF), causando un aumento sia della morbidità che della mortalità. Gli studi che hanno analizzato l’efficacia dei betabloccanti nello scompenso hanno arruolato, se non esclusivamente, prevalentemente pazienti in ritmo sinusale. Questo studio invece analizza il sottogruppo di pazienti con HF affetti anche da FA e dimostra che il beneficio in termini di mortalità globale non è significativo. Nonostante ciò che emerge da questo studio, visto l’effetto benefico globale mostrato dai betabloccanti nei pazientio con HF, ritengo che siano necessarie ulteriori conferme con studi ad hoc prima di cambiare una pratica clinica comunque ancora supportata dalle linee guida e da studi sulla popolazione globale dei pzienti con HF.
