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Betabloccanti riducono la mortalità nella coronaropatia cronica stabile

È recentemente stato pubblicato su Heart, importante rivista in ambito cardiologico, uno studio retrospettivo i cui risultati hanno mostrato come l’utilizzo di betabloccanti in pazienti con coronaropatia stabile sia associato ad una riduzione delle mortalità. Questo studio si inserisce in una pratica clinica in cui spesso i betabloccanti sono prescritti in pazienti con coronaropatia stabile benchè i benefici maggiori siano stati sino ad ora ottenuti nel post-infarto. In questo studio sono stati retrospettivamente analizzati i dati relativi a 4184 pazienti con coronaropatia stabile inclusi in una coorte prospettica. I pazienti sono stati divisi in due gruppi a secondo dell’utilizzo o meno di betabloccate al momento dell’arruolamento. Sono state effettuate due analisi di propensity score per eliminare possibili variabili intercorrenti. End-point principale era la mortalità cardiovascolare dopo due anni di follow-up. Al momento dell’arruolamento 3320 pazienti utilizzavano betabloccanti. L’utilizzo di betrabloccanti era associato ad una età minore, all’ipertensione arteriosa, al diabete, a una storia di infarto miocardico, a una coronaropatia multivasale, a una storia di rivascolarizzazione miocardica, a una storia di ictus, a una pregressa ospedalizzazione per scompenso cardiaco e ad una funzione sistolica del ventricolo sinistro ridotta. È stato effettuato un follow-up clinico di 4149 pazienti (99.2%). Dopo l’aggiustamento tramite propensity score, l’utilizzo di betabloccanti è risultato associato a un hazard ratio (HR) per mortalità cardiovascolare di 0.64 (0.42-0.98) nell’intera coorte di pazienti (p=0.04). Dopo un propensity matching, sono stati creati due gruppi di 839 pazienti con caratteristiche simili. In questa coorte il tasso di mortalità cardiovascolare era significativamente inferiore nei pazienti che utilizzavano betabloccanti con un HR di 0.43 (0.22-0.82) (p=0.011). Il tasso di mortalità non cardiovascolare era simile nei due gruppi e in diversi sottogruppi di pazienti. Questo studio rafforza quindi l’idea che l’utilizzo dei betabloccanti sia utile nei pazienti con coronaropatia cronica stabile a ridurre non solo gli episodi di angina, ma anche la mortalità. Inoltre questi dati derivano da una coorte di pazienti con angina cronica stabile non solo postinfartuale. I betabloccanti rappresentano una delle principali armi terapeutiche nell’angina cronica per ridurre la frequenza cardiaca e l’inotropismo, e inducendo quindi ad un minor consumo di ossigeno da parte del miocardio. Questo si traduce in un aumento della soglia ischemica, e come dimostrato da questo lavoro anche il tasso di mortalità. Sebbene la riduzione della mortalità sia confermata anche dopo l’analisi tramite propensity matchng, ciò che colpisce è che l’utilizzo di betabloccanti rimanga comunque associato alle copatologie, a pazienti che già abbiano presentato infarto e a una riduzione della funzione ventricolare sinistra. Bauters C, Lemesle G, Meurice T, Tricot O, de Groote P, Lamblin N. Prognostic impact of ß-blocker use in patients with stable coronary artery disease. Heart. 2014 Jun 19. pii: heartjnl-2014-305719. doi: 10.1136/heartjnl-2014-305719. [Epub ahead of print]

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