Ranolazina protegge dal danno cardiaco da chemioterapici?
È stato recentemente pubblicato sull’European Journal of Heart Failure un lavoro sperimentale di un gruppo italiano che ha mostrato un potenziale nuovo uso della ranolazina. Questo studio, effettuato su un modello murino, ha mostrato infatti come la ranolazina possa proteggere dal danno cardiaco indotto sperimentalmente con la doxorubicina. Interessante inoltre che questa riduzione del danno indotto sia accompagnata da una riduzione dello stress ossidativo, a suggerire come i canali INa possano agire sul bilancio ossido-riduttivo cardiaco.In questo studio il trattamento con doxorubicina per 7 giorni di topi C57BL6 ha portato ad una dilatazione del ventricolo sinistro e ad una riduzione del fractional shortening del ventricolo sinistro. La somministrazione di ranolazina alla dose di 305 mg/kg/giorno ha invece prevenuto sia la dilatazione che la disfunzione del ventricolo sinistro quando amministrata simultaneamente alla doxorubicina.La cardiotossicità da doxorubicina era accompagnata da un rialzo degli RNA messaggeri del peptide natriuretico atriale, del BNP, del connective tissue growth factor (CTGF), e della metalloproteinasi 2 (MMP2). Questi indici non si elevavano in caso di co-trattamento con la ranolazina.Le alterazioni del rimodellamento della matrice extracellulare sono state confermate da un aumento del collagene interstiziale, che non si elevava però nei topi trattati con ranolazina. I livelli di poli(ADP-ribosio) polimerasi (PARP) e di pro-caspasi-3 misurati tramite western blotting erano ridotti dalla doxorubicina, con un aumento del clivaggio di caspasi-3 che indica una attivazione del processo proapoptotico. La ranolazina era in grado di inibire anche questo meccanismo. Inoltre, tramite un sistema di monitoraggio della emissione di H2 O2, la ranolazina ha mostrato di ridurre lo stress ossidativo causato dalla doxorubicina. Un simile meccanismo protettivo è stato ottebnuto anche con l’utilizzo dell’inibitore KB-R7943 dello scambiatore Na+ /Ca2+.Come detto questo studio suggerisce un potenziale nuovo utilizzo per la ranolazina. Questo farmaco agisce sui canali del sodio ed è utilizzata principalmente nei pazienti con cardiopatia ischemica per ridurre i sintomi ischemici ed aumentare la tolleranza allo sforzo in seguito ai risultati dello studio TIMI 36 MERLIN. Successivamente q questo studio sono stati diversi gli utilizzo proposti per la ranolazina, che ha mostrato di avere anche proprietà protettive dal punto di vista aritmico.Il danno cardiaco da chemioterapici ed in particolare da antraci cline e doxorubicina è un argomento di grande interesse data l’elevata incidenza di patologie tumorali nella popolazione generale e l’utilizzo di questi farmaci. Sono stati proposte diverse terapie cardioprotettive come statine e ace-inibitori, ma la ricerca di nuove molecole protettive continua senza sosta. Sicuramente i dati di questo studio indicano come la ranolazina possa aggiungersi come arma contro la cardiotossicità da chemioterapici. Tuttavia bisogna sottolineare diversi aspetti di questo studio. Per prima cosa si tratta di un modello animale, che non sempre corrisponde alla risposta biologica riscontrabile nell’uomo. Inoltre il dosaggio di ranolazina utilizzato sembra superiore a quello utilizzato attualmente nella terapia umana.Saranno quindi necessari studi clinici ad hoc per confermare gli interessanti dati proposti dagli autori, che sembrano comunque aprire una nuova ed interessantevia terapeutica.
Tocchetti CG, Carpi A, Coppola C, Quintavalle C, Rea D, Campesan M, Arcari A, Piscopo G, Cipresso C, Monti MG, De Lorenzo C,Arra C, Condorelli G, Di Lisa F, Maurea N. Ranolazine protects from doxorubicin-induced oxidative stress and cardiac dysfunction. Eur J Heart Fail. 2014 Jan 6. [Epub ahead of print]